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martedì 19 luglio 2011

Il senso della vita

In sostanza,riguardo il significato dell' esistere,se per Camus è una causa persa ("Il mito di Sisifo"),ritengo invece personalmente più vicino il concetto della responsabilità delle proprie azioni (Sartre ma soprattuto Abbagnano:"la scelta trascendentale")  tenendo sempre ben presente la "compassione" dei propri simili ("L'altro" di Levinas) e l'appagamento ragionato dei piaceri (Epicuro).Voi che ne pensate ?

Fabio "deneva" Gandolfi

domenica 30 gennaio 2011

Apel e il linguaggio nella comunicazione

Dal momento che nel mio ultimo post sono andato un pò oltre analizzando certi aspetti della società,vorrei soffermarmi ad analizzare un aspetto che è fondamentale in ogni tipo di comunità: la comunicazione.Apel,sul filone della tradizione ermeneutica-esistenzialista e criticando l'ideologia come avviene per la Scuola di Francoforte,individua 4 regole con valore etico implicando queste l'uguaglianza degli interlocutori.La prima regola è la comprensibilità del discorso;la seconda è la verità fondata sull'esperienza;la terza è la veridicità delle intenzioni di chi parla;la quarta è la conformità alle regole della comunità dei parlanti.Ora,in un momento di crisi politica e morale come quello in cui ci troviamo ad affrontare,ho constatato purtroppo che molto spesso,troppo spesso,nei tanti dibattiti televisivi che la televisione propone,una o più di queste regole viene infranta da qualcuno degli interlocutori così da stravolgere la realtà,far sembrare nel torto chi difende certi comportamenti etici e una dignità e arrivando a volte addirittura a pensare che chi si comporta secondo le regole e una dignità è un "fesso",cosa ne pensate ?

Fabio "deneva" Gandolfi

Il profitto e la Scuola di Francoforte

Poichè nel mio precedente post ho parlato del profitto non è possibile non citare Adorno affermando egli che nella società moderna il profitto è eretto a fine supremo dell' azione sociale,trasformando gli uomini in concorrenti e nemici.Inoltre critica il dominio dei mass media attraverso il quale il potere determina modelli di comportamento e i bisogni degli individui.Similmente dice Hokheimer affermando che i meccanismi del consenso e della formazione dell'opinione pubblica sono manipolati dai sistemi di propaganda.Egli arriva addirittura ad indicare il fascismo come forma implicita del capitalismo moderno e della civiltà tecnologica.E' incredibile,secondo me,come queste affermazioni siano ancora attuali al giorno d'oggi,cosa ne pensate?

Fabio "deneva" Gandolfi

L'altro come fine o mezzo per Levinas e Sartre

Un'altro esempio di come come Sartre pensi alla vita reale e Levinas invece a quella che dovrebbe essere è testimoniato dal fatto che quest'ultimo dice che gli altri dovrebbero essere un fine;Sartre,invece,afferma che nel lavoro la persona diventa per gli altri un mezzo per il raggiungimento di un fine,cioè la produzione e,in ultima analisi aggiungo io,per il profitto.Ecco dunque sorgere di nuovo un potenziale conflitto tra gli individui,l'alienazione e la serialità in qunato l'individuo esercita mansioni imposte dall'esterno e diventa intercambiale con ogni altro individuo.Nel momento in cui scrivo questo post direi che questo concetto si adatta perfettamente alla situazione di tanti lavoratori che protestano per far valer diritti conquistati nei decenni passati a fronte del profitto ad ogni costo.

Fabio "deneva" Gandolfi

martedì 25 gennaio 2011

Il divino di Levinas e Feuerback

Notare come il concetto di Dio di Levinas sia praticamente antitetico alla critica formulata da Feuerback sull'essere divino affermando quest'ultimo che la ricchezza di Dio è il frutto dell'impoverimento dell'uomo,ciò che costituisce il carattere positivo dell'essere divino è preso a prestito dalla natura umana.Mi vengono in mente le parole di Freud quando dice che "se l'uomo distoglierà dall'aldilà le sue speranze,riuscirà forse a rendere la vita sopportabile per tutti".Un concetto su cui meditare.

Fabio "deneva" Gandolfi

Io e gli altri di Sartre e Levinas

Dal momento che precedentemente ho parlato di Sartre,vorrei segnalare una cosa che mi sembra molto interessante.Secondo Sartre si fugge dalla possibilità delle proprie scelte e dalla responsabilità che esse comportano rifugiando la propria coscienza nell'altro.Ciò crea un rapporto conflittuale con l'altro in quanto l'altro mi conosce meglio di me stesso e,tramite lo sguardo,divento un oggetto nudo e inerme davanti all'altro affiorando così in me le mie emozioni e ciò spiega,secondo me,l'aggressività potenziale che nasce nelle relazioni con le altre persone in tutti gli ambiti della vita quotidiana.Questo significa che,per esempio,se sono una persona timida e impacciata,pur non volendo manifestare queste mie caratteristiche,gli altri riusciranno comunque a cogliere questi aspetti guardandomi e così potranno approffittare di questa mia condizione di "inferiorità" e,anzi,finirò per manifestare fisicamente (arrossendo,abbassando lo sguardo,ecc.) questa mia condizione.Vivendo però in una società "politically correct" superficiale e ipocrita riuscirò ad avere il buonismo degli altri solo se manifesterò una condizione plateale o "socialmente accettata" di handicap.Per Levinas (il cui pensiero si può avvicinare alla fenomenologia ontologica di Heidegger) invece,ed è questa secondo me la cosa interessante,solo incontrando il volto dell'altro posso costruire un etica della bontà,la possibilità del bene verso l'altro e in questo si può trovare Dio.Anzi,è necessario dis-interessarsi ("L'esserci",il "Dasein" di Heidegger),assumere su di se l'altro e arrivare fino ad espiare le sue colpe.Ora,è certo che il pensiero di Levinas sia stato influenzato dall' esperienza subita in un campo di prigionia tedesco durante la seconda guerra mondiale,ma non c'è dubbio che se ci si rapportasse agli altri,a tutti gli altri,in maniera più dis-interessata e umanamente responsabile si creerebbe una società più vivibile per tutti,non trovate ?

Fabio "deneva" Gandolfi

martedì 18 gennaio 2011

La vera libertà e le scelte autentiche


La vera libertà ci allontana dalla più bieca "voluntas" che governa il mondo animale e si traduce sul dialogo,l'empatia,l'amore rispettoso delle altrui differenze,una riforma del lavoro su queste basi “umaniste”.Non è dunque possibile eliminare il bisogno (il lavoro per procacciarsi i mezzi di sostentamento,l'amore,la sessualità,ecc) ,dal momento che anche l'uomo è un animale ma solo distinguendosi dalla massa,trasformando il bisogno in reale autentica necessità (per esempio: posso avere la necessità di spostarmi,ma è necessario farlo con una Ferrari per fare il macho o basta una Punto o addirittura potrei andare a piedi ? Se conosco una donna che non rispecchia tutte le qualità estetiche che il bisogno sessuale impone ma che apprezzo per intelligenza e sensibilità,"si deve" rigettare? E' necessario che io faccia un lavoro "classico" o più "sicuro" ma che può comportare serialità e aggressività o è meglio per me fare un lavoro non consueto,magari anche precario,ma in cui sento di realizzarmi meglio ? E' preferibile l'amicizia di un potente che mi può aiutare ma che umanamente mi disgusta oppure quella di una persona semplice ma con la quale mi trovo veramente bene ?)* mediante il dialogo con se stessi e interpersonale, il coraggio,la ragione e rifondandolo con l'impegno su basi “umaniste” (quelle citate prima,non più basate sull'individualismo e il profitto personale) partendo dal presupposto della presa di coscienza della precarietà della propria condizione umana e dell'angoscia che ne deriva che è comune a tutti gli altri uomini e quindi con la volontà di superarla insieme a loro e considerando che nonostante le differenze tutti hanno gli stessi bisogni e problemi,è dunque possibile compiere delle scelte libere,autentiche (autòs= proprie,sciolte dal “si deve”,”si fa” della vita inautentica di Heidegger),risolvendo la serialità e l'aggressività che altrimenti ogni atto della vita quotidiana comporta.Cosa è necessario fare dunque,in estrema sintesi,per essere più liberi  (tenendo conto che la libertà non è far ciò che si vuole ma impone delle responsabilità)  e creando,in ultima analisi,una società più vivibile per tutti ? Primo:prendere coscienza della propria e altrui precarietà e comunione dei bisogni;secondo: volere superare l'angoscia (o la "nausea") che deriva da questa consapevolezza insieme ai propri simili operando scelte autentiche e responsabili verso se stessi e gli altri (ogni scelta che si compie,infatti,ha una ripercussione nel rapporto che si ha con gli altri).Tutto ciò certamente impone impegno e volontà.

*Il piacere e l'utile individuale ci devono essere ma devono essere slegati dalla "voluntas" istintiva,"animalesca",devono essere cioè rapportati alle altre persone,raggiunti attraverso il pensiero e il ragionamento,la scrematura delle passioni (Epicuro) e la moderazione di esse (Aristotele).

Fabio "deneva" Gandolfi